Recensione – John Ruskin “Il nido dell’aquila”


    “L’industria senz’arte è brutalità”. Questa frase di Ruskin, citata in più occasioni da un autorevole studioso come Coomaraswamy, esprime l’atteggiamento dello scrittore inglese nei confronti della modernità e dell’amore acritico per “le magnifiche sorti e progressive”.

  Grazie alla traduzione di Marina D’Addario e Eduardo Ciampi, che ha anche curato il volume, il lettore italiano ha ora un’altra occasione per avvicinarsi al pensiero di John Ruskin, disponendo di dieci lezioni sulla relazione tra scienza naturale e arte tenute a Oxford nel 1872 e raccolte nel libro “Il nido dell’aquila” Edizioni Discendo Agitur Roma 2019.

  John Ruskin (1819-1900) è noto come critico d’arte, pittore, scrittore e poeta e per l’impegno che profuse in campo sociale in difesa dei più disagiati. Sostenitore di William Turner e dei preraffaelliti contribuì alla rivalutazione del Medioevo e sostenne il movimento “neogotico”.

  Dalle pagine interessanti e anche impegnative del testo traspare la grande attenzione e la sensibilità di Ruskin che guarda costantemente a un orizzonte più ampio di quello offerto dalla vita ordinaria.

  Per lui la sophia, la saggezza senza tempo, dovrebbe sovrintendere alle attività umane.  Ne conseguirebbe, come avveniva nel Medioevo, “una forma di pensiero che rende il buon senso privo di egoismo, la conoscenza priva di egoismo, l’arte priva di egoismo: spirito e immaginazione senza egoismo.” (p.27) Il lavoro da compiere è interiore, contro quell’ego che è invece attentamente coltivato dall’artista in senso moderno.

    Nell’abbandono della mentalità tradizionale vede un sopravvento dell’inverso della sophia, ovvero la moria, la follia, con effetti grotteschi che peraltro ai giorni nostri sono molto più percepibili.

  Stigmatizza perciò i ritmi sempre più frenetici della vita nelle città e la perdita della sacralità del vestito come segno distintivo delle classi sociali, perdita che pone in parallelo alla morte dell’araldica cui dedica una lezione specifica. Nette le considerazioni che fa parlando del (cosiddetto) Rinascimento che ha consolidato il declino della civiltà cristiana, che pone tra il X e il XVII secolo, contro il quale sollecita “una restaurazione del coraggio e della pura speranza per i cristiani nelle loro case e nelle loro attività lavorative” (p.139) 

  Critica inoltre il pensiero scientifico perché indirizzato alla ricerca continua della novità e della scoperta, tendenza che paragona a quella dell’Ulisse dantesco incapace di resistere alle sirene dell’inesplorato. La domanda che retoricamente pone è perché, in nome dell’utilitarismo, si profonda tanta energia nello studio delle potenze degli elementi anziché nello studio delle potenze dell’anima. Paragonando la larghezza con cui si impegnano risorse in campo bellico con l’arcigna oculatezza per l’utilizzo di fondi per acquistare capolavori si comprende però cosa guidi le scelte dei governanti. (p.120)

  La vera scientia, nel senso antico di conoscenza, non ha per scopo di accumulare senza fine masse enormi di dati ma di attingere a depositi consolidati nel tempo pur suscettibili di sviluppi e adattamenti.                             -

    Acute e approfondite sono le sue considerazioni sull’innata abilità costruttiva degli uccelli in grado di soddisfare perfettamente le esigenze “abitative” di ogni specie.

  In definitiva si tratta di un’iniziativa editoriale lodevole che intende far conoscere un pensiero effettivamente alternativo al sentire moderno contro il quale propone cambiamenti profondi e non solo cosmetici. Le riflessioni che ne scaturiranno potranno interessare tutti, non solo i cultori delle arti figurative, poiché comprendere che un’opera malfatta reca offesa a Dio (p.41) è un passo decisivo verso la metanoia.

 John Ruskin – Il nido dell’aquila – a cura di Eduardo Ciampi, Discendo agitur, Roma 2019, pp. 153, euro 18.

Pubblicato su Il Regesto n.44 Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca di piazza del Capitolo ottobre-dicembre 2020


Addendum

Da  Articles et Comptes Rendus, Tome 1, René Guénon, éd. Editions Traditionnelles, 2000 p.224

COMPTES RENDUS D’ARTICLES DE REVUES

Avril 1937
  
– Dans l’American Review (n° de janvier), M. Ananda K. Coomaraswamy publie un article sur The Use of Art, dans lequel il s’élève contre les théories « esthétiques » modernes, et spécialement contre la conception de l’« art pour l’art » ; il y oppose la vue normale suivant laquelle l’art est « la façon juste de faire les choses », quelles qu’elles soient, de telle sorte qu’elles soient adaptées aussi parfaitement que possible à l’usage auquel elles sont destinées. La distinction toute moderne entre l’« artiste » et l’« artisan » n’a, selon cette vue normale, aucune raison d’être ; et l’industrie séparée de l’art, comme elle l’est de nos jours, apparaît comme une activité illégitime et ne méritant même pas d’être considérée comme véritablement « humaine ».

 Aprile  1937

   Su American Review (n° di gennaio) Ananda K. Coomaraswamy pubblica un articolo su The Use of Art, nel quale protesta contro le teorie “estetiche” moderne, e specialmente contro la concezione dell’« arte per l’arte » ; vi oppone la visione normale secondo la quale l’arte è « il modo giusto di fare le cose », quali che siano, in modo tale che siano adatte il più perfettamente  possibile all’uso per cui sono destinate. La distinzione tutta moderna tra l’« artista » e l’« artigiano » non ha, secondo questa visione normale, nessuna ragion d’essere ; e l’industria separata dall’arte, com’è ai nostri giorni, appare come un’attività illegittima non meritando nemmeno di essere considerata come veramente « umana ». 

                                                                                               (Traduzione propria)

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