Presentazione di "Considerazioni sul libro della Genesi tratte dall’opera di René Guénon"


 

    Sottolineare l’importanza del libro della Genesi è scontato ma doveroso, e affrontarne lo studio con il massimo rispetto viene di conseguenza.

   Lo scopo di questa raccolta è di avvicinare il significato più elevato delle Scritture, quello che Dante definirebbe “anagogico”, tramite gli scritti di René Guénon. Il metafisico francese non si dedicò specificamente all’esegesi biblica ma disseminò nei suoi scritti, improntati all’universalità della Dottrina, riferimenti ai testi sacri di diverse tradizioni, comprendendo quindi anche Ebraismo e Cristianesimo.

   Così come già proposto per l’Apocalisse[i] e il Vangelo di Giovanni[ii], i brani del testo sacro sono seguiti da estratti dall’opera guenoniana, senza ulteriori chiose o commenti.

   Il lavoro è stato suddiviso in sei sezioni, (Creazione e manifestazione, Il Paradiso, Caino e Abele, Per un quadro d’insieme delle quattro età, Il viaggio di Abramo. Melki Tsedeq, Il simbolismo della scala) precedute ognuna da un breve saggio introduttivo.

   Resta inteso l’invito a continuare la lettura di Guénon, non in quanto studioso a sé stante, ma per allargare il proprio orizzonte arrivando a disporre di una “corazza impenetrabile” contro le debordanti suggestioni di questo scorcio di Kali Yuga.

 Il seguente è un estratto dal saggio dedicato a Caino e Abele:

                                                      Il sacrificio

    Coomaraswamy esamina a fondo la questione della necessità cosmica del sacrificio:

    Ma la morte sacrificale è anche un fare molti dall’uno, e in questo senso lo smembramento è un fine desiderato dalla stessa vittima; esso è la liberazione di tutti i principi imprigionati, di “Tutto questo” (universo) contenuto in “Quell’uno da cui, alla sua “morte”, tutti gli esseri e tutte le cose sono espirate o riversate fuori, e che, come Makha, “essi non  potevano sopraffare fin tanto che rimaneva uno. (TA, V, 1, 3). Poiché la separazione del Cielo e della Terra, che in origine erano una cosa sola, e quella del Giorno e della Notte, producono lo “spazio” e il “tempo” in cui tutti gli esseri possono nascere e realizzare le loro potenzialità originariamente inibite, ma che ora sono “liberati dai lacci di Varuna”.[1]  

    Nel contempo si può considerare anche la direzione opposta, cioè il ritorno all’uno dal molteplice, in quanto “Il Sacrificio ha come funzione di «riunire ciò che è stato separato», perciò, per quel che riguarda l’uomo, di ricondurre l’«io» al «Sé»;[2]

   …e ogni sacrificio è in realtà un «sacrificio di se stessi», per identificazione del sacrificatore con la vittima o con l’oblazione. Sotto un altro aspetto, poiché il sacrificio è l’atto rituale per eccellenza, tutti gli altri partecipano della sua natura e in certo qual modo si integrano ad esso, cosicché è il sacrificio che determina necessariamente tutto l’insieme della struttura di una società tradizionale, nella quale tutto può essere considerato costituire un vero e proprio sacrificio perpetuo.[3]  

    Si consideri d’altra parte che da un punto di vista principiale “L’uccisore del Drago, il sacrificatore e la vittima, considerati al di fuori della scena di questo mondo, là dove non esistono contrari irriducibili, sono in realtà Uno, pur apparendo nemici mortali sulla scena ove si svolge la perpetua guerra tra gli dèi e i titani.[4]

    Questa tensione verso l’Unità permea l’Induismo, come spiega Eliade:

    “Lo sforzo cosciente del sacrificante per ristabilire l’unità primordiale, cioè per ricostituire il tutto che precedette la creazione, è una caratteristica importante dello spirito indù, assetato dell’unità primordiale […] a ciascun sacrificio il brahmano riattualizza l’atto cosmogonico archetipico e che questa coincidenza tra l’”istante mitico” e il “momento attuale” suppone sia l’abolizione del tempo profano sia la rigenerazione del mondo.”[5]   

    Un motto massonico “diffondere la luce e riunire ciò che è sparso” ribadisce perfettamente questo anelito verso la ricostituzione dell’Unità primigenia. “…ciò che è sparso” sono le membra del Purusha primordiale che fu diviso nel primo sacrificio compiuto dai Dêva all’inizio dei tempi, e da cui nacquero, grazie a tale divisione, tutti gli esseri manifestati.[6]

   Alla luce del simbolismo legato alle iniziazioni artigianali si può aggiungere che…

    il Sacrificio, compiuto in divinis da Vishwakarma, [il “Grande Architetto dell’Universo”] richiede, nella sua imitazione rituale in questo mondo, una cooperazione di tutte le arti (vishwâ karmâni), dal che discende che, nell’ordine sociale tradizionale, tutte le funzioni, quali che esse siano, rivestono anch’esse un carattere sacro;[7]

   Inoltre il sacrificio, dal punto di vista tradizionale, “è destinato essenzialmente a stabilire una certa comunicazione con gli stati superiori ed è completamente alieno dalle idee occidentalissime di «riscatto» o di «espiazione» e altre del genere, idee che possono comprendersi solo dal punto di vista specificamente religioso.[8]

     Per Eliade:

    Niente può durare se non è “animato” attraverso il sacrificio di un essere vivente; la stessa divinità ha mostrato “in quel tempo”, quando sono stati fatti i Mondi, che una creazione non può essere compiuta se non attraverso un sacrificio, e cioè per mezzo della “morte violenta” del Gigante cosmico; la creazione, così, è un processo organico e rituale allo stesso tempo, poiché solo da ciò che è “vivo” si può fare una cosa “viva” ma questa “vita” non può che essere trasmessa che attraverso un sacrificio (cioè un atto sacro).”[9]

    L’aspetto di scambio presente nell’atto sacrificale indica la condotta appropriata da tenere nei rapporti commerciali. Infatti, secondo Coomaraswamy

     la base del sacrificio è uno scambio di regali”. “Noi siamo realmente in presenza di uno scambio tra l’uomo e Dio, ma nel senso primario del termine, quello di stabilire relazioni personali piuttosto che nel senso moderno di “fare affari”. […] il commercio sacrificale è un autentico scambio di regali di matrimonio, l’accordo, o la mutua comprensione (samjñāna) sotto intesa riguarda sia l’amore che un vantaggio”.”[10]

   Lo stesso autore in un’altra opera afferma: “Chi offre il sacrificio […] sa che in cambio riceverà una misura piena, o piuttosto una misura superiore, perché anche se i suoi beni sono limitati, quelli di chi riceve il sacrificio sono inesauribili.”[11]

  Nel contempo “Il sacrificio ha carattere di obbligatorietà; [non di ordine morale ma rituale][12] Noi dobbiamo fare ciò che già fecero gli dèi.”. Se ne parla sovente come di un “lavoro” (karma). Così, come per i latini operare corrispondeva a sacra facere = ίεροποιείν, nell’India, ove si insiste molto sull’azione, ben operare significa propriamente compiere atti sacri.”[13]

  

 

   Nato a Torino nel 1959, Sergio Castellino è da sempre residente a Sanremo, dove ha insegnato Scienze Naturali nel locale Liceo, fino al 2021. Da tempo si dedica a studi tradizionali, avendo come riferimento autori come Guénon e Coomaraswamy. Ha pubblicato come curatore L’Apocalisse di Giovanni alla luce dell’insegnamento di René Guénon (II ed. 2020); Lessico Indù nell’opera guénoniana (2020); la traduzione e la postfazione di San Bernardo di Guénon (2022); René Guénon e la Libera Muratoria (2023); Il Vangelo secondo Giovanni nell’opera di René Guénon (2024); ha contribuito al Glossario di Metapolitica (2024) e alla raccolta Nel Regno della Quantità (2024). Cura il blog Rito e simbolo e una pagina Facebook.

 

 

 



[1] A.K. Coomaraswamy, Sir Gawain e il Cavaliere Verde, Adelphi, Milano 1986, p. 144.

[2] S.I. p. 189.

[3] S.I. p. 261.

[4] A.K. Coomaraswamy, Induismo e Buddismo, cit., p. 21.

[5] M. Eliade, Il mito dell’eterno ritorno, Rusconi, Milano 1975, p. 83.

[6] S.S.S. c. 46 p. 259 n. 3; Cfr. Rig-Vêda, X, 90.

[7] S.I. p. 190.

[8] U.D.V. c. 21 p. 200  n. 2.

[9] M. Eliade, I riti del costruire, Jaca Book, Milano 2017, p. 81.

[10] A.K. Coomaraswamy, Autorité Spirituelle et Pouvoir Temporel dans la perspective indienne du gouvernement, Arché, Milano 1985, p. 100 in nota: “…la base du sacrifice est un échange de cadeaux.” “Nous sommes réellement en présence d’un commerce de l’homme avec Dieu, mais au sens premier du mot, celui d’établir des relations personnelles, plutôt qu’au sens moderne de “faire des affaires”. […] le commerce sacrificiel est un authentique échange de cadeaux de mariage, l’accord, ou la compréhension mutuelle (samjñāna) sous-entendue concerne autant l’amour qu’un avantage”.

[11] A.K. Coomaraswamy, Induismo e Buddismo, cit., p. 61.

[12] Cfr. I.R.S. c. 9.  

[13] A.K. Coomaraswamy, Induismo e Buddismo, cit., p. 58.



[i] S. Castellino (cur.), L’Apocalisse di Giovanni alla luce dell’insegnamento di René Guénon, Lo studiolo, Sanremo 20202

[ii] Id., Il Vangelo secondo Giovanni nell’opera di René Guénon, Lo studiolo, Sanremo 2024.

 

 

 

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