"La sacralità dell'abitazione" - Estratti (I)
PREMESSA
D’intesa con l’autore, il Prof. Franco Galletti, e il responsabile della casa editrice “Il Leone Verde” di Torino Dott. Fabio Tizian, e a entrambi vanno i miei ringraziamenti, riporto brani tratti dallo studio “La sacralità dell’abitazione” apparso sul n.11 della rivista “Perennia Verba” del gennaio 2009.
Franco Galletti da tempo produce
approfonditi studi tradizionali apparsi sulla rivista “Perennia Verba” e ha pubblicato nel 2020, per i tipi delle Edizioni
Mimesis, il volume “La bella veste della
Verità – La dottrina iniziatica/sapienziale di Dante e dei Fedeli d’Amore e la
loro influenza intellettuale e politica” con postfazione del Prof. Alberto
Ventura.
Le interpolazioni mie o tratte da altri autori sono
in corsivo. Al termine di ogni estratto è indicato il numero di pagina. Il
testo in questione è particolarmente vasto e approfondito, e ne caldeggio la
lettura integrale alla fonte. Lo riporterò parzialmente e in più parti, per
forza di cose, ma le considerazioni contenute e quelle che stimolerà saranno
numerose e di qualità.
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Con la polarizzazione tra ambito profano e ambito sacro, con sempre maggiore prevalenza del primo, è normale stabilire una dicotomia tra l’abitazione, sede della dimora dell’uomo nella vita ordinaria[i] e il tempio, sede della divinità. Questa divisione in realtà è fittizia perché “…il tempio è “abitazione” di Dio qualora ne ospiti la Presenza, come avveniva per l’Arca dell’alleanza custodita nel Santo dei Santi e come avviene nel Tabernacolo della chiesa che ne custodisce la Presenza Reale nell’Ostia consacrata. Perciò nelle tre grandi religioni di ascendenza abramica il tempio è chiamato Tenda o Casa (in ebraico rispettivamente Ohel[1] e bayt; cfr. l’italiano duomo, dal latino domus), sottintendendo che si tratta della Casa del Signore;[2] e infatti il santuario islamico della Ka’ba è la “Sacra Casa” (al-bayt al-haram) per eccellenza[3]. […] quando il termine “casa” è preceduto dall’articolo, sia in ebraico (ha-b-bayt) che in arabo (al-bayt), indica per antonomasia il Tempio, rispettivamente di Gerusalemme e della Mecca. E non sono forse esistite, ad esempio in Cappadocia, abitazioni in diretta comunicazione con una chiesa, quasi fossero sue cappelle?[4] Non c’è forse, in tante case in tutto il mondo, uno spazio riservato ai riti e/o alla preghiera? I primi cristiani non usavano anch’essi le loro abitazioni per la preghiera e la liturgia eucaristica?[5]”(p.9).
Col Cristianesimo il focolare ha perso questa funzione rituale,[16]
ma non quella simbolica: nelle case del medioevo, prima dell’invenzione del
caminetto, il focolare occupava ancora una posizione centrale e, come in tutte
le altre abitazioni in cui arde un fuoco, un’apertura nel soffitto aveva la
funzione materiale di evacuare il fumo e quella simbolica di apertura verso gli
stati superiori dell’essere, di “porta del cielo”.[17]”
(pp.13-17)
Il Mêru
è la montagna sacra indù, posta al centro del fior di loto che raffigura
l’universo. Simbolo assiale per eccellenza, trova una corrispondenza nella
montagna del Purgatorio recante in cima il Paradiso Terrestre, sede in cui i
contrasti si equilibrano, in cui soffia “Un’aura dolce, senza mutamento” (Purg.
XXVIII, 7), agli antipodi, in tutti i sensi, de “La bufera infernal, che mai
non resta” (Inf. V, 31)
Le analogie tra abitazione e Paradiso
terrestre saranno trattate nel prossimo post.
[1] Ohel mo’ed, “Tenda dell’incontro” (con
la Presenza divina), era il nome del Tabernacolo.
[2] Così pure
nell’antico Egitto uno dei nomi del tempio era hat-neter. La casa degli dei.
[3] Più
precisamente, in arabo è sia “la Casa” che “la Tenda”, perché al-bayt indica in generale il luogo di
soggiorno o di pernottamento.
[4] …L’abitazione
del Profeta dell’Islam e quella del Califfo abu Bakr si aprivano direttamente
nella moschea di Medina, e tuttora la stessa cosa accade per l’abitazione dell’Imam di molte moschee.
[5] Anche alcune
chiese proto-cristiane sarebbero nate dalla trasformazione di abitazioni
domestiche. A Roma tale sembra sia l’origine delle chiese dedicate a Santa
Prisca, Santa Pudenziana e ai Santi Giovanni e Paolo; a Cafarnao sono stati
ritrovati i resti della casa dell’Apostolo Pietro sotto quelli di una chiesa
bizantina, la prima al mondo a lui dedicata; a Norcia sotto la chiesa di San
Benedetto si visitano i resti della sua casa. Ma anche la comune abitazione dei
credenti è in un certo senso una chiesa, se è vero che la famiglia cristiana è
una ecclesia domestica.
[6] A. Snodgrass
riferisce il caso di abitazioni nelle quali anche gli inferi vengono
intenzionalmente rappresentati, generalmente da una fossa circolare (cfr.
Arthur Snodgrass Architecture, time and
eternity. Studies in the stellar and temporal symbolism of traditional
buildings, New Dheli 1990; trad. it. Harmonia Mundi, Torino 2021, cap.9);
in modo per lo più involontario ciò accade anche nelle abitazioni con locali
ipogei come gli scantinati. Intenzionale era, in molti casi, la collocazione
sotterranea delle prigioni, per offrire i reclusi come vittime agli dei inferi
(cfr. ibidem, cap.22), per l’abbattimento
psico-fisico che determinava e probabilmente per un’assimilazione dei colpevoli
e dei nemici alle forze infere.
[7] Cfr. René
Guénon, La grande triade, Paris,
1957. L’Uomo del quale qui si tratta è l’uomo nel suo stato originario, per cui
v. oltre.
[8] Stauros, come il verbo sanscrito sthav (= essere o rendere fermo), viene
ricondotto a una radice *shta dalla
quale deriverebbe anche il latino stare
(= star fermo, stare eretto) e il greco stylos
= colonna (cfr. O.Pianigiani, Vocabolario
etimologico della lingua italiana, Roma 1907). Collegato a sthav è pure sthapati, termine sanscrito che designa l’architetto, che è
primitivamente il maestro carpentiere in quanto di “ciò che sta in piedi”
(anche l’arkitékton greco, “artefice
principale”, è primitivamente il carpentiere principale).
[9] Il termine columna rimanda al significato di
vertice, essendo imparentato linguisticamente con altri termini che esprimono
altitudine: columen (il trave
centrale del tetto, […]), culmus,
collis, ex-cello, prae-cello, il greco kolonós /kolòne = altura, picco, etc.
[10] L’Yggdrasil è l’Albero al centro del
Mondo, che tocca il cielo con la cima e affonda le radici nel regno dei morti.
[11] Spesso,
soprattutto nell’architettura medievale, un telamone sostituisce in parte o del
tutto, un elemento assiale (solitamente una colonna), e la sua postura china
evidenzia il grande peso che sostiene; talvolta una scritta invoca l’aiuto dei
passanti. […] Ma se da un punto di vista terreno è il Cielo che sembra essere
sollevato come nella copertura di un’abitazione, al contrario dal punto di
vista ultraterreno è il Cielo che “sostiene” la Terra nell’esistenza. Così
nella tradizione ebraica e in quella islamica la funzione di “sostegno” non è
affatto dei peccatori, ma dei “giusti”, che “sostengono” il mondo, sia in parte
(come nell’episodio dell’intercessione di Abramo in Genesi, 18, 22-23) che in toto,
secondo la funzione che l’esoterismo islamico attribuisce al “Polo spirituale”
(sul quale cfr. P. Urizzi, «Regalità e
califfato – parte terza», Perennia Verba,
5, 2001, pp. 92-140). Nel simbolismo dello stauros
o colonna tutto ciò è richiamato dal capitello, letteralmente “piccolo capo”,
che rimanda al Capo o Principio divino e alla Sua “discesa” in questa terra,
del quale la forma lineare della colonna è una chiara rappresentazione. Come
per ogni simbolo assiale alla columna
è infatti inerente un duplice simbolismo, sia discendente che ascendente.
[12] Si diceva che
in epoca arcaica fosse accudito dalle fanciulle vergini. Si attribuisce a Numa
l’istituzione del collegio delle Vestali (cfr. Ovidio, op. cit., p.257 – 260; T. Livio, Ab Urbe condita libri, I, 20), scelte inizialmente tra le figlie
del re ‒
e perciò il fuoco sacro a Vesta corrispondeva allora al focolare del sovrano ‒ e successivamente tra le fanciulle
nobili. Questi dati, riferiti a epoche leggendarie, sono coerenti con quelli di
altre tradizioni (ad es. sul focolare domestico degli indù) che descrivono la
semplicità e la naturalezza della ritualità arcaica, grazie alla quale
l’abitazione è “officiata” dai suoi abitanti.
[13] Cfr. Fasti, VI, 265 ss. Secondo Ovidio, però,
nelle abitazioni arcaiche il focolare si trovava vicino all’ingresso, donde il
nome di vestibolo per questa parte
della casa dedicata a Vesta (cfr. ibid.,
301-304). Anche nelle abitazioni rurali l’atrio (atrium da ater =
annerito, affumicato) conteneva il focolare, nonché il letto coniugale e le
immagini degli antenati […]. Nella domus
romana l’atrium era un ampio locale
vicino all’ingresso.
[14] Osserva
Coomaraswamy che col simbolismo del focolare centrale sono connessi anche la
dottrina pitagorica del “fuoco centrale” e il fuoco al centro della caverna
platonica (cfr. Repubblica, VII, 514b
– 520a). In rapporto al significato “solare” del fuoco, il resto
dell’abitazione rappresenta l’universo, in una sorta di sistema eliocentrico
(cfr. K.A. Rabuzzi, «Home», in: M. Eliade (ed.), The enciclopedia of religion, New York 1987).
[15] Cfr. G. De
Giorgio, La tradizione romana, Milano
1973. Secondo Virgilio (cfr. Eneide,
III, 96-171) la tradizione troiana rimandava a sua volta a un centro precedente
localizzato nell’isola di Creta, ma anche questa era una tappa intermedia della
traslazione della Tradizione dal Centro primordiale (per un approfondimento di
questi temi e per il loro rilievo in Dante Alighieri cfr. il nostro studio «La philosophia perennis nel pensiero di
Dante – II parte», Perennia Verba, 3,
1999, pp.106-132).
[16] Nella
liturgia cristiana esiste però l’accensione rituale del fuoco nella Messa di Pasqua,
dal quale prendono la fiamma il cero pasquale e tutte le altre candele che
illuminano la chiesa (o meglio la illuminavano quando non c’era la luce
elettrica); ora, il cero pasquale è immagine del Cristo, e perciò del Logos così come lo è lo stauros (per questa equivalenza
simbolica v. oltre), col quale condivide la forma assiale, per cui il fuoco
pasquale rimanda indirettamente allo stesso simbolismo.
[17] In senso
opposto questa ianua coeli ‒ il cui simbolismo è identico a quello
della Stella Polare, l’estremità boreale dell’axis mundi attorno alla quale ruota la volta celeste ‒
permette la “discesa” dello Spirito nel
mondo terreno, il che nel Cristianesimo corrisponde alla dottrina dell’Incarnazione;
perciò alla SS. Vergine viene dato l’attributo
di ianua coeli nelle litanie
lauretane e quello di felix coeli porta
nell’inno Ave maris stella.
[i] R. Guénon, L’illusion de la « vie ordinaire », in Articles
et Comptes Rendus, Tome 1, Paris 2000, trad. it. L’illusione
della vita ordinaria, in La Tradizione e le tradizioni, Roma 2003.
[ii] Id., Études sur l’Hinduisme, Paris 1979,
trad. it. Studi sull’Induismo, Milano 1996 pp.30-31.
[iii] Ibid. p.31.
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