Commenti al Vangelo secondo Giovanni. La crocifissione

 

Crocifissione di Simone Martini

  In occasione delle festività pasquali riporto alcune considerazioni desunte dall’opera di René Guénon su passi evangelici riguardanti la crocifissione. Tali brani fanno parte di una raccolta da me curata ma ancora inedita di commenti al Vangelo secondo Giovanni.

   La crocifissione di Cristo è considerata da Guénon nel suo valore simbolico, che del resto non offusca quello storico, come ricorda qui: “Se Cristo è morto sulla croce, è proprio, si può ben dirlo, per il valore simbolico che la croce ha in se stessa e che le è sempre stato riconosciuto in tutte le tradizioni; ed è per ciò che, senza voler sminuire il significato storico, si può considerarla come una semplice derivazione da questo stesso valore simbolico.” (S.C. p.15)   

    Gv. 19 L'Ecce homo. - 1Allora Pilato prese dunque Gesù e lo fece flagellare. 2Intanto i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, quindi lo rivestirono d'un manto di porpora, 3poi gli venivano dinanzi e dicevano: “Salve, o re dei Giudei!” e gli davano degli schiaffi.

 Uno strumento di tortura e umiliazione come la corona di spine assume altri contorni:

    Il nome stesso di corno si ricollega d’altronde in modo manifesto alla radice KRN, così come quello di corona, che è un’altra espressione simbolica delle medesime idee, poiché le due parole (in latino cornu e corona) sono assai vicine.[1] È fin troppo evidente che la corona è l’insegna del potere e il segno di un rango elevato perché sia necessario insistervi; e troviamo un primo accostamento con le corna nel fatto che sia queste che quella sono poste sulla testa, il che dà bene l’idea di un ‘vertice’.[2] Ma non è tutto: la corona era originariamente un cerchio ornato di punte a forma di raggi; e le corna sono similmente considerate raffigurazioni dei raggi luminosi, il che ci riconduce a certe considerazioni già fatte a proposito delle armi simboliche.[3] (S.S.S. c.28 p.171)

   …segnaleremo ancora un accostamento, per certi aspetti, fra quelle armi animali che sono le corna e quelle che si possono chiamare le armi vegetali, cioè le spine. C’è da notare, in tal senso, che molte fra le piante che svolgono un ruolo simbolico importante sono spinose;[4] anche qui, le spine, come le altre punte, evocano l’idea di un vertice o di un’elevazione, e possono anche, per lo meno in certi casi, esser prese per raffigurare i raggi luminosi.[5] (S.S.S. c.28 p.173)

      Il termine di “coronamento” è da accostare alla designazione di “corona” della testa, per via dell’assimilazione simbolica, precedentemente segnalata, dell’“occhio” della cupola con il Brahrna-randhra; è noto d’altronde che la corona, come le corna, esprime essenzialmente l’idea di elevazione. È anche opportuno notare, a questo proposito, che il giuramento del grado di Royal Arch contiene un’allusione alla “corona del cranio” (the crown of the skull), che suggerisce un rapporto fra l’apertura di quest’ultima (come nei riti di trapanazione postuma) e la rimozione (removing) della keystone; del resto, in genere, le cosiddette “penalità” espresse nei giuramenti dei vari gradi massonici, come pure i segni che vi corrispondono, si riferiscono in realtà ai vari centri sottili dell’essere umano. (S.S.S. c.43 p.244 n.20)

    … Crocifissione e morte di Gesù.- 17Ed egli, portando su di sé la croce, uscì verso il luogo detto Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero insieme a due altri: uno di qua e l'altro di là, e Gesù nel mezzo. 19Pilato intanto fece scrivere anche il titolo, che diceva la causa della condanna, e lo fece porre sulla croce. Vi era scritto: “Gesù Nazareno, Re dei Giudei”. 20Or, molti dei Giudei lessero quest'iscrizione, essendo il luogo dove fu crocifisso Gesù, vicino alla città. Ed era scritto in ebraico, in latino e in greco.

    La croce è assimilata all’Asse del Mondo.

    Stauros [in greco “pilastro assiale”] significa anche croce”, ed è noto che nel simbolismo cristiano la croce è assimilata all’“Asse del Mondo”; Coomaraswamy accosta questa parola al sanscrito sthâvara, “fermo” o “stabile”, il che ben si addice in effetti a un pilastro, e inoltre si accorda esattamente con il significato di ‘stabilità’ dato all’unione dei nomi delle due colonne del Tempio di Salomone. (S.S.S. c.43 p.245 n.25)

    Le analogie tra microcosmo e macrocosmo suggeriscono collegamenti tra il Golgotha e il cranio di Adamo.

    Nell’antica iconografia buddistica l’insieme costituito dalle impronte dei piedi, l’altare o il trono e il parasole, che corrispondono rispettivamente alla Terra, allo spazio intermedio e al Cielo, raffigura in modo completo il corpo cosmico del Mahâpurusha o “Uomo universale”.[6] Allo stesso modo, la cupola, in casi come quello dello stûpa, è anche, sotto certi aspetti, una rappresentazione del cranio umano;[7] (S.S.S. c.40 p.228)

   Si svela inoltre il senso superiore del sacrificio, alla base di ogni atto rituale.

   [Prajâpati, il “Signore degli esseri prodotti”] è anche Vishwakarma, cioè il “Grande Architetto dell’Universo”, e, in quanto Vishwakarma, è lui a compiere il sacrificio pur essendone al tempo stesso la vittima;[8] (S.S.S. c.46 p.259)

   25Or presso la croce di Gesù stavano sua Madre e la sorella di sua Madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena. 26Gesù dunque, vedendo sua Madre e lì presente il discepolo che egli amava, disse a sua Madre: “Donna, ecco il tuo figlio”. 27Poi disse al discepolo: “Ecco la tua Madre” E da quel momento il discepolo la prese con sé. 28Dopo questo, sapendo Gesù che ormai tutto era compiuto, affinché si adempisse la Scrittura, disse: “Ho sete”. 29Vi era lì un vaso pieno di aceto. E i soldati inzuppata una spugna nell'aceto, la posero in cima ad una canna d'issopo, e gliel'accostarono alla bocca. 30Ma, quando Gesù ebbe preso l'aceto, esclamò: “Tutto è compiuto!” Poi, chinato il capo rese lo spirito.

  31Allora i Giudei, essendo la Parasceve, affinché non restassero in croce i corpi durante il sabato, tanto più trattandosi di quel sabato così solenne, chiesero a Pilato che fossero ad essi rotte le gambe e venissero tolti via. 32Andarono dunque i soldati e ruppero le gambe al primo e all'altro che erano crocifissi con lui. 33Invece, venuti a Gesù, quando videro che era già morto, non gli ruppero le gambe; 34ma uno dei soldati con una lancia gli aprì il costato; e subito ne uscì sangue e acqua.

   Il Graal è associato ad altri oggetti: “…e in particolare una lancia, che, nell’adattamento cristiano, non è altro che la lancia del centurione Longino; ma quel che è assai curioso è la preesistenza di questa lancia o di qualche suo equivalente come simbolo in qualche modo complementare alla coppa nelle tradizioni antiche. D’altra parte, presso i Greci, si riteneva che la lancia d’Achille guarisse le ferite che causava; la leggenda medioevale attribuisce precisamente la stessa virtù alla lancia della Passione. E questo ci richiama un’altra somiglianza dello stesso genere: nel mito di Adone (il cui nome, del resto, significa “il Signore”), allorché l’eroe viene colpito mortalmente dal grifo di un cinghiale (che sostituisce qui la lancia), il suo sangue, spandendosi a terra, fa nascere un fiore; ora, Charbonneau in «Regnabit»[9] ha segnalato «un ferro da ostie, del secolo XII, dove si vede il sangue delle piaghe del Crocifisso cadere in goccioline che si trasformano in rose, e la vetrata del secolo XIII della cattedrale d’Angers in cui il sangue divino, che cola in ruscelli, sboccia pure sotto forma di rose». (S.S.S. c.3 p.28)  

   Cristo è fonte di Vita Eterna.

   Inoltre, è sotto certi aspetti significativo che l’espressione araba aynul-khuld presenti il duplice senso di “occhio d’immortalità” e di “fonte d’immortalità”; questo ci riconduce all’idea di ‘ferita’ […], poiché nel simbolismo cristiano il doppio getto di sangue e d’acqua che esce dall’apertura del cuore di Cristo si riferisce anch’esso alla ‘fonte d’immortalità’.[10] Proprio questo ‘liquore d’immortalità’, secondo la leggenda, fu raccolto nel Graal da Giuseppe d’Arimatea; e infine ricorderemo a tale proposito che anche la coppa è un equivalente simbolico del cuore,[11] e che, esattamente come quest’ultimo, essa è anche uno dei simboli tradizionalmente schematizzati nella forma del triangolo rovesciato. (S.S.S. c.72 p.376)

S.C. : Il Simbolismo della Croce  
S.S.S. : Simboli della Scienza Sacra  

[1] La parola greca Keraunos, che designa il fulmine, sembra di fatto derivata anch’essa dalla medesima radice; osserviamo a tale proposito che il fulmine colpisce di solito le vette, i luoghi e gli oggetti elevati; e bisogna anche tenere conto dell’analogia del lampo con il raggio luminoso…

[2] Nella tradizione ebraica, Kether o la “Corona” occupa il vertice dell’albero sefirotico.

[3] Si può trovarne un esempio particolarmente efficace nelle rappresentazioni di Mosè, perché si sa che le parvenze di corna ch’egli porta sulla fronte altro non sono che raggi luminosi. Taluni, fra i quali Huet, vescovo di Avranches, hanno voluto identificare Mosè con Dioniso, che è ugualmente raffigurato con le corna; ci sarebbero d’altronde altre relazioni curiose da esaminare, ma questo ci porterebbe troppo lontano dal nostro tema.

[4] Si possono fare gli esempi della rosa, del cardo, dell’acacia, dell’acanto, ecc.

[5] Il simbolismo cristiano della corona di spine (che si dice siano spine di acacia) si ricollega così, in un modo che taluni troveranno inatteso, ma non per questo meno reale ed esatto, alla corona di raggi di cui abbiamo parlato sopra. C’è anche da notare che in varie regioni, i menhir sono designati con il nome di “spine” (donde, in Bretagna e altrove, nomi di luogo come la Belle-Épine, Notre-Dame-de-l’Épine, ecc.); ora, il simbolismo del menhir, come quello dell’obelisco e della colonna, si riferisce al ‘raggio solare’ e nello stesso tempo all’“Asse del Mondo”.

[6] Ci si può riferire anche, a tale proposito, alla descrizione del corpo ‘macrocosmico’ di Vaishwânara, nella quale l’insieme delle sfere luminose celesti è assimilato alla parte superiore della testa, cioè alla volta cranica (si veda L’Homme et son devenir selon le Vêdânta, cap.XII).

[7] A.K.Coomaraswamy ci ha segnalato che la stessa osservazione si applica ai ‘tumuli’ preistorici, la cui forma sembra aver spesso imitato intenzionalmente quella del cranio; del resto, siccome il ‘tumulo’ è un’immagine artificiale della montagna, lo stesso significato dev’essersi esteso anche al simbolismo di quest’ultima. A tale riguardo, è interessante osservare che il nome di Golgotha significa precisamente “cranio” così come la parola Calvarium con cui è stato tradotto in latino; secondo una leggenda che ebbe corso nel Medioevo, ma la cui origine può risalire a molto prima, questa designazione si riferirebbe al cranio di Adamo, che sarebbe stato sotterrato in questo luogo (o che, in un senso più esoterico, si identificherebbe con la montagna stessa), il che ci riconduce ancora alla considerazione dell’‘Uomo universale’; appunto tale cranio è spesso raffigurato ai piedi della croce; e si sa che quest’ultima è un’altra delle rappresentazioni dell’‘Asse del Mondo’.

[8] Nella concezione cristiana del sacrificio Cristo è anche la vittima e il sacerdote per eccellenza.

[9] Si veda «Regnabit», gennaio 1925.

[10] Il sangue e l’acqua sono qui due complementari; si potrebbe dire, usando il linguaggio della tradizione estremo-orientale, che il sangue è yang e l’acqua yin, l’uno in rapporto all’altra (sulla natura ignea del sangue, cfr. L’homme et son devenir selon le Vêdânta, cap.XIII).

[11] Inoltre, la leggenda dello smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero mette anche il Graal in relazione diretta con il ‘terzo occhio’ (cfr. Le Roi du Monde, cap.V). Sulla ‘pietra caduta dai cieli’, si veda egualmente Lapsit exillis [qui sopra, come cap.44 (di S.S.S.)].

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