Commenti al Vangelo secondo Giovanni. La crocifissione
Crocifissione di Simone Martini
In occasione delle festività pasquali riporto alcune considerazioni desunte dall’opera di René Guénon su passi evangelici riguardanti la crocifissione. Tali brani fanno parte di una raccolta da me curata ma ancora inedita di commenti al Vangelo secondo Giovanni.
Il
nome stesso di corno si ricollega d’altronde in modo manifesto alla radice KRN,
così come quello di corona, che è un’altra espressione simbolica delle medesime
idee, poiché le due parole (in latino cornu
e corona) sono assai vicine.[1]
È fin troppo evidente che la corona è l’insegna del potere e il segno di un
rango elevato perché sia necessario insistervi; e troviamo un primo
accostamento con le corna nel fatto che sia queste che quella sono poste sulla
testa, il che dà bene l’idea di un ‘vertice’.[2]
Ma non è tutto: la corona era originariamente un cerchio ornato di punte a
forma di raggi; e le corna sono similmente considerate raffigurazioni dei raggi
luminosi, il che ci riconduce a certe considerazioni già fatte a proposito
delle armi simboliche.[3]
(S.S.S. c.28 p.171)
…segnaleremo ancora un accostamento, per
certi aspetti, fra quelle armi animali che sono le corna e quelle che si
possono chiamare le armi vegetali, cioè le spine. C’è da notare, in tal senso,
che molte fra le piante che svolgono un ruolo simbolico importante sono
spinose;[4]
anche qui, le spine, come le altre punte, evocano l’idea di un vertice o di
un’elevazione, e possono anche, per lo meno in certi casi, esser prese per
raffigurare i raggi luminosi.[5]
(S.S.S. c.28 p.173)
Il termine di “coronamento” è da
accostare alla designazione di “corona” della testa, per via dell’assimilazione
simbolica, precedentemente segnalata, dell’“occhio” della cupola con il Brahrna-randhra;
è noto d’altronde che la corona, come le corna, esprime essenzialmente l’idea
di elevazione. È anche opportuno notare, a questo proposito, che il giuramento
del grado di Royal Arch contiene un’allusione alla “corona del cranio”
(the crown of the skull), che suggerisce un rapporto fra l’apertura di
quest’ultima (come nei riti di trapanazione postuma) e la rimozione (removing)
della keystone; del resto, in genere, le cosiddette “penalità” espresse
nei giuramenti dei vari gradi massonici, come pure i segni che vi
corrispondono, si riferiscono in realtà ai vari centri sottili dell’essere
umano. (S.S.S. c.43 p.244 n.20)
[Prajâpati, il “Signore degli esseri prodotti”] è anche Vishwakarma, cioè il “Grande Architetto dell’Universo”, e, in quanto Vishwakarma, è lui a compiere il sacrificio pur essendone al tempo stesso la vittima;[8] (S.S.S. c.46 p.259)
31Allora i Giudei, essendo la
Parasceve, affinché non restassero in croce i corpi durante il sabato, tanto più trattandosi di quel sabato
così solenne, chiesero a Pilato che fossero ad essi rotte le gambe e venissero
tolti via. 32Andarono dunque i soldati e ruppero le gambe al primo e
all'altro che erano crocifissi con lui. 33Invece, venuti a Gesù,
quando videro che era già morto, non gli ruppero le gambe; 34ma uno
dei soldati con una lancia gli aprì il costato; e subito ne uscì sangue e
acqua.
Il
Graal è associato ad altri oggetti: “…e in particolare una lancia, che,
nell’adattamento cristiano, non è altro che la lancia del centurione Longino;
ma quel che è assai curioso è la preesistenza di questa lancia o di qualche suo
equivalente come simbolo in qualche modo complementare alla coppa nelle
tradizioni antiche. D’altra parte, presso i Greci, si riteneva che la lancia
d’Achille guarisse le ferite che causava; la leggenda medioevale attribuisce
precisamente la stessa virtù alla lancia della Passione. E questo ci richiama
un’altra somiglianza dello stesso genere: nel mito di Adone (il cui nome, del
resto, significa “il Signore”), allorché l’eroe viene colpito mortalmente dal
grifo di un cinghiale (che sostituisce qui la lancia), il suo sangue,
spandendosi a terra, fa nascere un fiore; ora, Charbonneau in «Regnabit»[9] ha
segnalato «un ferro da ostie, del secolo XII, dove si vede il sangue delle
piaghe del Crocifisso cadere in goccioline che si trasformano in rose, e la
vetrata del secolo XIII della cattedrale d’Angers in cui il sangue divino, che
cola in ruscelli, sboccia pure sotto forma di rose». (S.S.S. c.3 p.28)
Cristo è fonte di Vita Eterna.
[1] La
parola greca Keraunos, che designa il
fulmine, sembra di fatto derivata anch’essa dalla medesima radice; osserviamo a
tale proposito che il fulmine colpisce di solito le vette, i luoghi e gli
oggetti elevati; e bisogna anche tenere conto dell’analogia del lampo con il
raggio luminoso…
[2] Nella
tradizione ebraica, Kether o la
“Corona” occupa il vertice dell’albero sefirotico.
[3] Si
può trovarne un esempio particolarmente efficace nelle rappresentazioni di
Mosè, perché si sa che le parvenze di corna ch’egli porta sulla fronte altro
non sono che raggi luminosi. Taluni, fra i quali Huet, vescovo di Avranches,
hanno voluto identificare Mosè con Dioniso, che è ugualmente raffigurato con le
corna; ci sarebbero d’altronde altre relazioni curiose da esaminare, ma questo
ci porterebbe troppo lontano dal nostro tema.
[4] Si
possono fare gli esempi della rosa, del cardo, dell’acacia, dell’acanto, ecc.
[5] Il
simbolismo cristiano della corona di spine (che si dice siano spine di acacia)
si ricollega così, in un modo che taluni troveranno inatteso, ma non per questo
meno reale ed esatto, alla corona di raggi di cui abbiamo parlato sopra. C’è
anche da notare che in varie regioni, i menhir sono designati con il nome di
“spine” (donde, in Bretagna e altrove, nomi di luogo come la Belle-Épine,
Notre-Dame-de-l’Épine, ecc.); ora, il simbolismo del menhir, come quello
dell’obelisco e della colonna, si riferisce al ‘raggio solare’ e nello stesso
tempo all’“Asse del Mondo”.
[6] Ci
si può riferire anche, a tale proposito, alla descrizione del corpo
‘macrocosmico’ di Vaishwânara, nella
quale l’insieme delle sfere luminose celesti è assimilato alla parte superiore
della testa, cioè alla volta cranica (si veda L’Homme et son devenir selon le Vêdânta, cap.XII).
[7] A.K.Coomaraswamy
ci ha segnalato che la stessa osservazione si applica ai ‘tumuli’ preistorici,
la cui forma sembra aver spesso imitato intenzionalmente quella del cranio; del
resto, siccome il ‘tumulo’ è un’immagine artificiale della montagna, lo stesso significato
dev’essersi esteso anche al simbolismo di quest’ultima. A tale riguardo, è
interessante osservare che il nome di Golgotha
significa precisamente “cranio” così come la parola Calvarium con cui è stato tradotto in latino; secondo una leggenda
che ebbe corso nel Medioevo, ma la cui origine può risalire a molto prima,
questa designazione si riferirebbe al cranio di Adamo, che sarebbe stato
sotterrato in questo luogo (o che, in un senso più esoterico, si
identificherebbe con la montagna stessa), il che ci riconduce ancora alla
considerazione dell’‘Uomo universale’; appunto tale cranio è spesso raffigurato
ai piedi della croce; e si sa che quest’ultima è un’altra delle rappresentazioni
dell’‘Asse del Mondo’.
[8] Nella
concezione cristiana del sacrificio Cristo è anche la vittima e il sacerdote
per eccellenza.
[9] Si veda
«Regnabit», gennaio 1925.
[10] Il
sangue e l’acqua sono qui due complementari; si potrebbe dire, usando il
linguaggio della tradizione estremo-orientale, che il sangue è yang e l’acqua yin, l’uno in rapporto all’altra (sulla natura ignea del sangue,
cfr. L’homme et son devenir selon le
Vêdânta, cap.XIII).
[11] Inoltre,
la leggenda dello smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero mette anche il Graal
in relazione diretta con il ‘terzo occhio’ (cfr. Le Roi du Monde, cap.V). Sulla ‘pietra caduta dai cieli’, si veda
egualmente Lapsit exillis [qui sopra,
come cap.44 (di S.S.S.)].
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