"La Sacralità dell'abitazione" - Estratti (V)

 


 
Sala capitolare, Chiesa dei Giacobini, Tolosa.

Materiali e riti per l’abitazione (prosecuzione)

    La costruzione dell’abitazione richiede, in via preliminare, l’identificazione di un luogo idoneo a ospitare l’Eden e il microcosmo rappresentati dall’abitazione stessa, luogo che perciò deve essere “al centro del mondo”; nel caso di città o di accampamenti il luogo è stato evidentemente già localizzato e si tratta di scegliere il posto giusto per l’edificazione, che nell’accampamento comporta solitamente accostarsi alle tende del proprio clan o comunque a vicini non sgraditi,[1] e nelle città tradizionali più arcaiche insediarsi nel quartiere riservato alla propria casta. Altre volte si costruisce sopra un edificio precedente, debitamente sconsacrato e/o interrato, il che è accaduto spesso a intere città, sovrapposte anche in più strati che in molti casi sono stati identificati dagli archeologi.

   Archeologi che spesso vanno incautamente a risvegliare influenze sottili che fuori dal loro confinamento non possono che causare guai. Il guscio rigido del materialismo e dello scetticismo paradossalmente scherma meglio nei confronti di ciò che discende dal Cielo piuttosto che dalle emanazioni dei bassifondi psichici.

    Al di fuori di questi casi la suddetta localizzazione, che talvolta fa ricorso a procedure oracolari (come avveniva tra gli etruschi), deve rispondere ai criteri di quella scienza che R. Guénon ha denominato “geografia sacra” e che, a livello locale, potrebbe essere definita “topografia sacra”. Non sono escluse dai criteri di topografia sacra esigenze utilitaristiche […][2]  

   Il sito inoltre deve essere stabile, come ricorda il precetto evangelico di costruire sulla roccia e non sulla sabbia.[3] Nel simbolismo costruttivo dell’Induismo, tale stabilità è intesa solo secondariamente in senso materiale, dovendosi anzitutto a Yama, il Re ordinatore (Dharmarāja) l’aver assicurato la conformità al Principio di un universo precedentemente instabile.[4]  […]

   Preliminarmente all’erezione dell’edificio il terreno deve anche essere purificato e accuratamente livellato, corrispondendo in tal modo al piano dell’essere (e di conoscenza) dal quale il costruttore stesso aspira ad elevarsi.[5] Strettamente collegato a ciò è il rito d’orientamento, del quale esistono testimonianze anche per il mondo etrusco e latino, ad esempio in Vitruvio;[6] l’orientamento delle chiese e delle abitazioni nel medioevo cristiano dimostra che anche allora si continuò a “ritagliare” uno spazio sacro sulla terra (témenos in greco, collegato al verbo témno=tagliare) che segna i limiti dell’abitazione orientata rispetto ai punti cardinali.[7] Nella tradizione indù si traccia in tal modo un maõóala quadrato sul quale si immagina disteso con le braccia aperte Purusha, l’Uomo Universale e Grande Architetto dell’Universo,[8] col capo a Est e i piedi a Ovest.[9] Del tutto simile è quel che avveniva in Occidente, come attestato dall’uomo di Vitruvio iscritto nel quadrato e nel cerchio[10] ritratto anche da Leonardo, e dal Cristo con le braccia aperte immaginato disteso sulla pianta cruciforme della cattedrale, anch’Egli col capo a est (in corrispondenza dell’abside) secondo l’orientamento tradizionale delle chiese.[11]

    Taluni indicano con precisione la metà del secolo XV come data di tale perdita dell’antica tradizione, perdita che comportò la riorganizzazione, nel 1459, delle confraternite di costruttori su nuovi fondamenti, ormai incompleti. È opportuno notare che a partire da quest’epoca le chiese cessarono di essere orientate regolarmente, e un tale fatto ha, riguardo alla questione trattata, un’importanza molto più rilevante di quanto non si possa pensare di primo acchito, cfr. Il Re del Mondo.”[i]

    L’orientamento è necessario anche per le abitazioni a pianta circolare, nelle quali bisogna identificare tra l’altro la direzione nella quale aprire la porta (generalmente a Sud nell’emisfero boreale).[12] […] In un momento della costruzione variabile di caso in caso può essere necessario consumare un sacrificio umano; di regola simbolicamente (ma presso certi popoli ciò è stato fatto materialmente).[13] Nella forma più tipica corrisponde al sacrificio del capo costruttore stesso: l’architetto nel caso di abitazioni in muratura, o il maestro carpentiere per quelle in legno. Vi sono innumerevoli tradizioni e altrettante varianti di tale sacrificio, con diversi gradi di allontanamento e di degradazione del suo significato originario,[14] che rimanda all’atto sacrificale del Grande architetto dell’Universo – nella tradizione indù il sacrificio di Purusha[15] – alla base della creazione del mondo. Anche qui vi è la riproduzione simbolica del processo cosmogonico, che in molte tradizioni è rappresentata come l’uccisione sacrificale di un drago o di un serpente;[16] «allo stesso modo, nella Qabbalah ebraica, sebbene non vi sia propriamente questione né di sacrificio né di uccisione, ma piuttosto di una sorta “disintegrazione”, le  cui conseguenze sono del resto le stesse, è dalla frammentazione del corpo dell’ ‘Adam Qadmon’ [=Uomo Universale] che è stato formato l’Universo con tutti gli esseri che contiene».[17] La costruzione attuata “riunendo ciò che è sparso” assuma allora il valore di ricomposizione del corpo smembrato di Purusha,[18] secondo un simbolismo che è presente in tante altre forme tradizionali.

   Per gli edifici in muratura si richiede un rito di posa della prima pietra di fondazione, del quale spesso si perpetua tuttora un’imitazione profana quando l’edificio sia di pubblica utilità. Tale pietra, almeno nella tradizione costruttiva dell’Occidente, è la corner stone dell’angolo Nord-Est; questa e le tre pietre cubiche che saranno collocate agli altri angoli seguendo il percorso del Sole rappresentano i quattro elementi dai quali è costituito il cosmo; la loro forma e la loro posizione corrispondono all’ambito terreno.[19] Un’altra pietra, detta “pietra fondamentale”, viene collocata al centro del temenos,[20] ed è quella dal quale parte, realmente o idealmente, lo stauros, per culminare nel vertice dell’edificio rappresentato dalla chiave di volta (keystone) che, in molti casi, è perforata in quanto janua coeli.[21] Essendo collocata al centro, la pietra fondamentale costituisce per le abitazioni la pietra del focolare quando non serva da base allo stauros, mentre nei templi è una pietra d’altare.

 

 



[1] Anche in questi “banali” aspetti della vita una società tradizionale può riconoscere un significato profondo. Il vicino di casa o di tenda rammenta Colui che nel Corano è il Vicino per eccellenza (cfr. 11, 61; 34, 50). Il vicino “viene prima dell’abitazione” secondo un proverbio beduino che fa riferimento alla scelta del luogo dove piantare la tenda, e che la contemplativa musulmana Rābi’a interpreta nel senso che il desiderio di Dio deve essere superiore a quello del Paradiso, condannabile se cercato per le sue gioie distogliendosi dal Fine ultimo (cfr. I detti di Rābi’a, a cura di C. Valdrè, Milano 1979, p.74). Anche qui si fa riferimento alle abitazioni dell’al di là.

[2] Seconda la mentalità tradizionale, un luogo idoneo a rappresentare il Centro del Mondo è perciò stesso anche salubre e fausto, grazie al fatto di costituire un punto di discesa e, per così dire, di concentrazione di un’influenza spirituale, di una “benedizione” che sarà foriera di pace, vita e salute; di conseguenza, sarà anche provvidenzialmente dotato di acqua, di un clima salubre, etc. Corrisponde invece alla mentalità moderna e anti-tradizionale concepire il Feng Shui cinese o altre scienze analoghe solo in termini di ricerca e manipolazione di “correnti energetiche” – diremo meglio, di influenze a livello della manifestazione sottile – che tutt’al più possono essere considerate un indizio e non una determinante dell’idoneità spirituale; il che non toglie che effettivamente, nella tradizione cinese come in molte altre, siano anche presi provvedimenti per stornare le influenze malefiche e non disperdere quelle benefiche grazie alla disposizione degli ambienti e delle porte, all’uso di apposite decorazioni dei muri esterni e altre forme di “incorniciatura” dell’edificio, e via dicendo…

[3] Cfr. Matteo, 7, 24 ss. Se poi l’edificio includerà uno stauros, e mattoni e pietre di forma cubica, si aggiungerà stabilità a stabilità, materialmente e simbolicamente.

[4] Cfr. S. Kramrisch, op. cit., p.12.

[5] Cfr. ibid., p.7 e 14-17.

[6] Oltre a S. Kramrisch, cfr. J. Rykwert, The idea of a town: the antropology of urban form in Rome, Italy and the ancient world, Cambridge 1988; A. Snodgrass, op. cit.; M. Polia, Imperium. Origine e funzione del potere regale nella Roma arcaica, Rimini 2001.

[7] Cfr. J. Hani, op. cit., p. 30. Poiché il rito d’orientamento richiede di seguire il moto solare in particolari momenti dell’anno (particolarmente agli equinozi per identificare con precisione l’Est e l’Ovest), grazie all’ombra gettata da uno gnomone piantato dove si ergerà lo stauros o uno dei suoi sostituti, a tale rito corrisponde una santificazione del tempo oltre che dello spazio. Tutti i riti che stiamo descrivendo debbono essere eseguiti, del resto, sotto stelle favorevoli in una data favorevole.  Nelle diverse tradizioni l’abitazione e il tempio sono orientati per lo più  verso un punto cardinale “luminoso” (Est o Sud), ma anche verso altri punti cardinali, verso la direzione privilegiata della propria tradizione (come quella della Mecca nell’Islam), verso alcuni astri (ad esempio verso alcune parti della Via Lattea nell’emisfero australe), verso la levata eliaca di alcune stelle o verso il levar del sole in alcune date particolari (cfr. A. Snodgrass, op. cit., cap. 10). Ad esempio il monumento spagnolo dell’Escorial, dedicato a San Lorenzo, è orientato verso il levar del sole del 10 agosto, festa del santo.

[8] In questa veste prende il nome di Viśvakarman.

[9] Cfr. S. Kramrisch, op. cit., pp. 42-43 e 71. Sul quadrato si traccia una griglia di linee, come tanti canali (nādī) nei quali scorre il Prāna, il Soffio divino, che è in relazione anche con il respiro del costruttore, e infatti tali linee non debbono essere interrotte da mura, porte o finestre pena ripercussioni sulla salute dell’architetto stesso (cfr. ibid., p. 51 ss.). Una suddivisione con linee ortogonali è presente anche nell’architettura tradizionale cinese, nella quale prevale la divisione in nove parti corrispondenti agli otto trigrammi dell’I King con tutti i relativi significati e corrispondenze, più la parte centrale che ne rappresenta l’origine (cfr A. Snodgrass, op. cit., cap.30).

[10] Cfr. De architectura, III, I, 1-3.

[11] Cfr. T. Burkhardt. op. cit.. p. 25 ss.; J. Hani, op. cit., cap. 6.

[12] L’apertura della tenda o della capanna verso mezzogiorno o verso Est stabilisce un orientamento simbolico verso la luce solare, intesa come manifestazione della Luce Divina, e al tempo stesso evita l’ingresso dei venti freddi del Nord. Qui il punto di vista privilegiato è quello di chi vive in tali abitazioni, diversamente dalla chiesa cristiana nella quale la porta è di solito a Occidente, e la luce deve essere raggiunta dai fedeli con un percorso (scandito dalle colonne o dai pilastri) verso l’altare posto nell’abside a Oriente. Esigenze simboliche e utilitaristiche coincidono perciò perfettamente nell’abitazione. L’orientamento delle chiese è stato sempre più dimenticato dopo il Medioevo, e nelle case le possibilità offerte dalla climatizzazione artificiale hanno fatto trascurare l’esigenza di edificare verso il Sole la “zona giorno” (o di fare il contrario nelle zone tropicali), disancorando l’arte della costruzione anche dalle più materiali necessità di orientamento.

[13] Surrogato del sacrificio umano possono essere quello di animali, statue (nell’antica Roma), immagini domestiche di dei (India), parti di animali, vasellame, resti vegetali, etc. (cfr. R. Rabuzzi, «Home», cit.).

[14] Tale uccisione ricorre nel già citato poema di Nezāmi, nella storia dell’antico Egitto, etc.; talvolta il racconto lo spiega con la volontà del sovrano di non far conoscere i segreti del palazzo (o di impedire la costruzione di altri uguali). Nel rituale muratorio l’uccisione di Hiram (l’artefice del Tempio di Gerusalemme che secondo la tradizione massonica si era fatto uccidere per non rivelare il nome divino) viene inscenata per consentire il passaggio al grado di Maestro, nel quale simbolicamente risorge.

[15] Cfr. R. Guénon, Symboles, cit., cap. 46.

[16] A.K. Coomaraswamy, «Angel and Titan: an essay on vedic ontology», Journal of the American Oriental Society, LV, pp. 373-419, n.24.

[17] R. Guénon, Symboles, cit., p.303. Va da sé che tale smembramento non ha luogo sub specie aeternitatis, e che non si tratta di uno smembramento in senso materiale: «evidenziando… il carattere mentale in senso stretto di questo atto… il Rg Veda Samhita descrive la suddivisione di Quest’Unica… Molteplicità Integrale… quest’unità della Persona (Purusha) e della Parola (Vac) la cui divisione è effettuata col Primo Sacrificio» (A.K. Coomaraswamy, ibid., p. 70).

[18] Cfr. S. Kramrisch, op. cit., p. 70.

[19] Cfr. R. Guénon, Symboles, cit., cap. 43. I quattro picchetti delle tende quadrangolari hanno lo stesso significato.

[20] Qui, secondo la tradizione indù, circondato dai dodici Ādityas risiede Brahmā, reggente del luogo (cfr. S. Kramrisch, op. cit., pp. 85-97, anche per le numerose divinità corrispondenti alle varie parti della pianta dell’edificio, quando questo sia un tempio). L’insediamento di tali divinità prevede per inciso che i genii loci siano stati pregati di allontanarsi (cfr. pp.13-14). Per il simbolismo di questa pietra nell’iniziazione muratoria e nella tradizione cristiana cfr. R. Guénon, ibid.; J. Hani, op. cit., cap. 12.

[21] La keystone è altresì la biblica “pietra angolare” (caput anguli in latino, eckstein  in tedesco), da non confondere con le quattro corner stone, come dimostrato dalle citazioni che la assimilano a Cristo e da numerose corrispondenze in altre tradizioni; messa in posizione per ultima nell’ordine temporale, è la prima  sub specie aeternitatis (cfr. E. Panofsky, The Art Bulletin, XVII, 1935, p. 450;  A.K. Coomaraswamy, «Eckstein», Speculum, gen. 1939, pp. 66-72, ried. Études Traditionelles, 441, feb. 1974, pp. 3-15; «The immortal soul as psychopomp», in: Guardian of the Sundoor, op. cit., pp. 123-140; R. Guénon, Symboles, cit., cap. 43). Tale pietra corrisponde all’etere o quintessenza; collegata idealmente con le quattro corner stone forma una piramide virtualmente esistente in ogni edificio a pianta quadrangolare (cfr. R. Guénon, ibid.).



[i] R. Guénon,  Autorità spirituale e potere temporale, Luni, Milano 1995, p.33 in nota.

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