"La sacralità dell'abitazione" - Estratti (VI)

 


Misura, proporzioni e forma dell’abitazione

   Che il Verbo sia raffigurato come un corpo umano iscritto in regolari forme geometriche tracciabili con regolo e compasso – quadrato e cerchio in primis – dipende dalla perfezione e bellezza delle proporzioni archetipiche che Gli competono e si rispecchiano in tali figure, perché è per mezzo di Lui che nell’atto creatore si imprimono nella materia prima amorfa le forme di tutti gli esseri creati, nessuno dei quali può essere privo di una qualche bellezza, quale corrispettivo formale della Sua perfezione sovra-formale ed eterna. Queste belle e regolari proporzioni gli artisti le ritrovarono almeno dall’antica Grecia fino al tardo rinascimento (per quel che concerne l’Occidente) nelle misure corporee degli individui ben conformati, facendone spesso oggetto di studio e di raffigurazione.[1] C’è quindi un preciso nesso tra le proporzioni umane e le proporzioni geometriche che debbono essere rispettate nell’arte costruttiva per darle regolarità e pregio estetico; proporzioni come la sezione aurea ricavata dal pentalfa e utilizzata così spesso dai costruttori medievali e rinascimentali. Su questa e su altre proporzioni geometriche si basa anche l’armonia riconosciuta e descritta nella struttura del cosmo, sempre per quel che riguarda l’Occidente della tradizione pitagorico-platonica.[2] Come dire che al rapporto fra abitazione e cosmo, che avevano iniziato a vedere in termini simbolici, è altresì pertinente una precisione geometrico/matematico/musicale che si estende alla corrispondenza con le “sfere celesti” e i rispettivi “suoni” e con le misure del corpo umano e anzi dipende dalle proporzioni di quest’ultimo, se l’Uomo viene inteso nel senso che abbiamo detto. Così l’edificio “a misura d’Uomo” è anche “a immagine di Dio” e chi vi abita si trova armonicamente collocato nelle proporzioni e nei ritmi celesti ai quali l’edificio stesso è conformato,[3] con tutte le conseguenze positive – spirituali, psichiche e fisiche – che le suddette corrispondenze con l’“armonia delle sfere” comportano.[4] […]

   Per quanto riguarda la forma elementare dell’abitazione, A. Snodgrass ne identifica gli elementi in uno spazio ordinato, in un Centro, in un Asse verticale che si completa irraggiandosi in tutte e sei le direzioni dello spazio, e nella sovrapposizione tra la base quadrata e la cupola semicircolare:[5] elementi che […] coesistono solo nel caso della pianta quadrangolare, quella cioè che prevale nelle popolazioni stanziali; infatti come regola generale ma con numerosi eccezioni, benché i materiali costruttivi possano essere lavorati in qualunque forma, la pianta circolare o ellittica prevale in  caso di nomadismo.[6] La pianta quadrangolare risponde anche alle esigenze costruttive dettate dal mattone e dalla pietra,[7] ma soprattutto a esigenze simboliche, essendo il quadrato e il cubo le forme che meglio rappresentano la stabilità, mentre la forma circolare e sferica esprime il divenire e i cicli temporali, dei quali la forma cubica rappresenta la conclusione, o, se si preferisce, la perfezione nel senso etimologico del termine.[8] Ciò corrisponde anche al diverso stile di vita, che privilegia il tempo e il movimento nei nomadi e lo spazio e la stabilità negli stanziali; corrispondentemente il canto, la musica e la poesia sono l’espressione artistica principale dei nomadi, mentre quella delle arti visive e dell’architettura prevale negli stanziali,[9] il che non toglie che componenti ritmiche si ritrovino anche negli edifici in muratura, come ‘solidificate’, nelle file di finestre, nei ripiani, nei colonnati, etc.[10]

  Se l’edificio a pianta quadrangolare ha su di sé una cupola o almeno un accenno alla costruzione a volta, esso riproduce nel suo complesso, guardandolo dal basso in alto, il passaggio dalla molteplicità all’Unità, simbolizzato dal passaggio dalla base quadrata (che rimanda anche ai quattro elementi costitutivi del mondo fisico) alla sommità del semicerchio della cupola (e viceversa, guardando dall’alto verso il basso).[11] Laddove esista una copertura conica, come su molte capanne circolari, sui trulli e, spesso, sui campanili, la tensione verso l’Unità è rappresentata dal convergere delle linee del tetto verso il vertice;[12] in particolare nell’architettura cinese al vertice del tetto conico esisteva un paletto denominato T’ai Chi (Grande Culmine) che dava il nome anche al palazzo imperiale e numericamente corrispondeva all’Uno, che genera la serie di tutti i numeri restandone al di fuori in quanto Principio della serie stessa.[13] Un discorso analogo si può fare per i tetti piramidali e per quello a spioventi osservato in sezione: in quest’ultimo caso la facciata quadrangolare appare sormontata da un coronamento triangolare il cui vertice rappresenta appunto l’Unicità divina,[14] a partire dalla Quale lo stesso simbolismo può essere letto nel senso inverso, quello della manifestazione o creazione. (pp.65-69)

    Il simbolo muratorio della “pietra cubica a punta”, costituita da una piramide a base quadrata sovrapposta a una pietra cubica, simboleggia l’alchemica Pietra filosofale, con “un principio spirituale che viene a fissarsi sulla base costituita dal Sale. Si noterà come lo schema piano di questa «pietra cubica a punta», ossia il quadrato sormontato da un triangolo, differisca dal segno alchemico dello Zolfo solo per la sostituzione del quadrato alla croce; i due simboli hanno la stessa corrispondenza numerica, 7=3+4, dove il settenario figura come composto da un ternario superiore e da un quaternario inferiore, il primo «celeste» rispetto al secondo e il secondo «terrestre» rispetto al primo;”[i] Quindi i legami tra l’arte di costruire e l’Alchimia sono più stretti di quanto si pensi, essendo la costruzione di una casa secondo criteri tradizionali la realizzazione di un’Opera che “fissa” un principio spirituale in un connubio tra Terra e Cielo.

   L’analogia tra l’abitazione e il corpo umano

    Come ha scritto A.K. Coomaraswamy, «l’edificio… è a somiglianza del cosmo e di conseguenza e di conseguenza a somiglianza del “corpo” dell’Uomo cosmico… il “corpo mistico” del Cristo».[15] E come ha più volte ricordato M. Eliade, la concezione tradizionale dell’abitazione comporta numerose corrispondenze simboliche anche col corpo di qualsiasi essere umano.

   All’abitazione nel suo complesso si attribuisce frequentemente una somiglianza soprattutto col corpo femminile o con un utero; ad esempio nel Cristianesimo la SS. Vergine è stata più volte chiamata casa, tenda, tempio e palazzo, o anche camera, per aver ospitato dentro di sé Gesù Cristo. Reciprocamente, nella tradizione indù il corpo è  stato descritto come una casa con una colonna e nove porte.[16] L’elemento colonnare al centro dell’abitazione trova perciò la sua corrispondenza nella colonna vertebrale (ma anche nel membro virile[17] nonché nel cuore, per la sua centralità[18]) e ne condivide il simbolismo.[19] Lo stesso vale per ogni altra colonna, e come la colonna vertebrale sostiene il capo nel quale culmina, le colonne lignee o di pietra terminano di solito con un capitello, che come abbiamo detto è un “piccolo capo” rispondente allo stesso significato simbolico della volta (sia della cupola che del cranio). Il foro sul tetto (che nel tempio è l’ “occhio della cupola”, elemento costruttivo il cui nome rimanda subito alla funzione contemplativa accennata poc’anzi) corrisponde allora la vertice del cranio, dove secondo la tradizione indù esiste un’apertura virtuale per la “fuoriuscita” dal cosmo (il brahma-randhra) alla quale allude la tonsura circolare della capigliatura.[20] Allo stesso modo l’intelaiatura lignea, particolarmente complessa nelle abitazioni a graticcio, e la carpenteria del tetto costituiscono nel loro complesso lo scheletro dell’abitazione; tuttavia il simbolismo già rammentato, che assimila alcune travature ai raggi solari e ai “soffi” dello Spirito, accosterebbe piuttosto tali strutture alle arterie del corpo umano, in accordo con la funzione anticamente attribuita alle arterie di far circolare il pneuma.[21] (pp.77-78)



[1] Vitruvio elenca alcune di queste proporzioni, ad esempio tra la misura del piede e la statura complessiva (cfr. op. cit., III, 1, 5).

[2] Se in gran parte il medioevo è stato più aristotelico che platonico, sarebbe sbagliato credere che solo il rinascimento abbia riscoperto i concetti che stiamo esponendo; è vero che nel medioevo sono stati scarsamente esposti in forma scritta, ma è proprio nell’architettura che se ne trovano le tracce più consistenti, per poco che le si vadano a cercare. Ciò depone per una trasmissione di tali dottrine – segnatamente del pitagorismo – all’interno delle confraternite di costruttori e probabilmente di ordini monastici come quelli della “famiglia” benedettina, che ebbero rapporti molto stretti con tali confraternite.

[3] Si noti che in greco l’armonia è anche la giuntura a incastro che collega i diversi elementi della carpenteria. In senso musicale ritmo e armonia, come dicevamo, appaiono “solidificati” nella costruzione in legno o muratura, ma possono risuonare in essa. Infatti le forme e le proporzioni geometriche delle quali stiamo parlando sono alla base anche della corretta acustica dell’edificio.

[4] Da tali armonie si attende perciò, tra gli altri, un effetto positivo sulla salute psico-fisica, concepita anch’essa in termini di armonia secondo la medicina tradizionale; effetto che certuni, privi di ogni nozione di scienza sacra delle costruzioni, hanno tentato di ottenere ponendosi in ambienti che riproducono in piccolo le proporzioni delle piramidi dell’antico Egitto, quasi che la tradizione di quest’ultimo avesse il monopolio della giusta proporzione. Ma soprattutto l’equivoco consiste nel credere che tale effetto salutare sia da attendersi dal solo influsso esercitato dalla forma dell’edificio (peraltro trascurando, di solito, il suo orientamento), e non piuttosto per la conformità all’ordine divino e cosmico di tutta l’esistenza dell’essere umano, della quale la “regolarità” dell’abitazione è solo uno degli innumerevoli aspetti.

[5] Cfr. S. Kramrisch, op. cit., cap.7.

[6] Tuttavia già nel neolitico sono esistite capanne quadrangolari (cfr. p. Marconi, «Lo sviluppo storico delle abitazioni», in Enciclopedia Italiana, cit., p. 89 ss.). Qui prescindiamo, ovviamente, dal considerare casi particolari di vita nomadica come quella degli Zingari sui carri, e dei marinai sulle navi; la costruzione degli uni e delle altre, del resto, è anch’essa tradizionalmente la realizzazione artigianale di un modello cosmico (Cfr. R. Guénon, Symboles, cit., cap. 40 e 53). L’imposizione della sedentarietà e di abitazioni a pianta quadrangolare da parte dell’uomo bianco venne particolarmente sofferta dai pellerossa del Nord America che persero in tal modo i loro tradizionali riferimenti spaziali col relativo simbolismo (cfr. J. G. Neihardt, Black Elk speaks, University of Nebraska 1961).

[7] Tuttavia il mattone e la pietra non impongono necessariamente la forma quadrata e infatti vi sono molti esempi di abitazioni in pietra in forma circolare.

[8] Cfr. R. Guénon, Symboles, cit., cap. 10; Le règne de la quantité et les signes des temps, Paris 1970, pp. 186-194.

[9] Cfr. ibid., pp. 195-204.

[10] È stato notato che la terzina dantesca a rima alterna ha la stessa struttura dei chiostri romanici e gotici, nei quali le colonnine sono legate da archetti a gruppi di due e tre. Alcuni chiostri come quelli descritti da M. Schneider codificano addirittura dei testi musicali, corrispondendo le note alle diverse decorazioni dei capitelli (cfr. Pietre che cantano, Milano 1976). Alcuni elementi costruttivi come le colonne portanti contengono virtualmente il suono, perché il peso del quale sono gravate le rende sonore se vengono percosse…

[11] Cfr. R. Guénon, Symboles, cit., cap.39. A proposito di tutto ciò, è pertinente l’osservazione di H. Sedlmayr, secondo il quale una delle caratteristiche delle costruzioni moderne è la mancanza di differenza tra la parte inferiore e quella superiore e quella superiore, sì che molti edifici potrebbero essere idealmente capovolti senza che ci se ne accorga.

[12] È lo stesso significato simbolico dei cappelli di forma conica, come abbiamo osservato a proposito del simbolismo dell’abito.

[13] Cfr. A. Snodgrass, op. cit., cap. 29.

[14] Soprattutto nelle chiese il timpano triangolare assume anche un valore trinitario. In alternativa a questo schema costruttivo, molto comune nelle chiese e nelle case occidentali, esistono chiese con la facciata a piani sovrapposti, quasi fossero i gradini di una “scala celeste”.

[15] «Eckstein», cit., p. 9.

[16] Cfr. M. Eliade, Le sacré et le profane, cit., 4.3.

[17] A tale equivalenza simbolica corrisponde nell’Induismo quella tra il Linga e lo Skambha.

[18] Cfr. A. K. Coomaraswamy, ibid., p. 10.

[19] Ciò non significa che lo stauros sia solo “maschile”. L’identità simbolica tra stauros e Uomo – nell’accezione di mediatore fra Cielo e Terra – non qualifica quest’ultimo come maschio, ma come androgino; perciò le colonne possono essere sia “maschili” che “femminili” e tali erano rispettivamente, secondo Vitruvio, quelle doriche e quelle ioniche. Inoltre nell’ordine dorico le colonne “maschili” sono intervallate da spazi “femminili” a forma di anfora; più in generale le colonne possono essere sostituite da figure umane sia maschili che femminili (telamoni o cariatidi). Per quel che riguarda attorno alla colonna vertebrale e la possibile corrispondenza simbolica le correnti spirali con le scale a chiocciola v. supra. [p.47 riportata nella quarta parte degli estratti in questo blog] Tale simbolismo sembra riproporsi dovunque esistano colonne di forma spirale, il che è molto frequente nelle colonne dei chiostri medievali.

[20] Cfr. R. Guénon, Symboles, cit., cap. 41. Tale apertura nelle ossa craniche esiste realmente ed è palpabile sotto la cute all’incirca fino al sesto mese di vita.

[21] Questa convenzione viene comunemente giustificata col fatto che le arterie, diversamente dalle vene, vengono trovate vuote dopo la morte; ciò avrebbe fatto supporre che in esse scorresse l’aria, veicolo “materiale” del soffio dello Spirito.



[i] R. Guénon, La Grande Triade, Paris 1946; trad. it. La Grande Triade, Adelphi, Milano 2003,  cap.12.


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