Considerazioni sul Vangelo secondo Marco tratte da Guénon (VI)
Marco - 10 …
La ricompensa ai seguaci di Gesù.- 28Pietro si mise a dirgli: “Ecco noi abbiamo abbandonato tutto e ti abbiamo seguito”. 29Gesù rispose: “In verità io vi dico: non c’è nessuno che avrà abbandonato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi per me e per il Vangelo 30che non riceva il centuplo ora in questo tempo, in case, fratelli, sorelle, madre, figli, campi, insieme a persecuzioni, e nel secolo futuro la vita eterna. 31Molti dei primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi.
“… “ciò che è in alto (nell’ordine celeste) è come quello che è in basso (nell’ordine terrestre)”, o ancora, secondo il detto evangelico, “i primi (nell’ordine principiale) sono gli ultimi (nell’ordine manifestato)”. n.7: “A questo duplice punto di vista corrisponde, tra le altre applicazioni, il fatto che, in rappresentazioni geografiche o altre, il punto posto in alto può essere il nord o il sud e, nel mondo occidentale, fu lo stesso presso i Romani e anche durante una parte del Medioevo; quest’uso è del resto in realtà, secondo quanto abbiamo appena detto, il più corretto per quel che concerne la rappresentazione delle cose terrestri, mentre invece, quando si tratta delle cose celesti, dev’essere normalmente posto in alto il nord; ma va da sé che il predominio dell’uno o dell’altro dei due punti di vista, a seconda delle forme tradizionali o delle epoche, può determinare l’adozione di un’unica disposizione per tutti i casi indistintamente; ...” (S.S.S. c.35 p.205)
Altri passaggi dei Vangeli sono ricordati:
Naturalmente quando si parla di un “contenente”, tale figurazione
spaziale “non deve
essere presa alla lettera, poiché uno solo di questi due termini, il corpo,
possiede effettivamente il carattere spaziale, lo spazio non essendo niente
altro che una delle condizioni proprie dell’esistenza corporea.”
D’altra parte, se dovesse esserci un’invalicabile
separazione tra sfera corporea e sfera spirituale sarebbe vano parlare di
qualsivoglia realizzazione e di continuità tra gli stati dell’Essere. Un tale
iato costituirebbe un’impossibilità. Per cui “Secondo la dottrina indù, si sa infatti che jîvâtmâ, il quale è in
realtà Âtmâ stesso, ma considerato nel suo rapporto con l’individualità umana,
risiede nel centro di questa ed è rappresentato simbolicamente dal cuore”,
organo quest’ultimo da non intendere né in senso corporeo né sottile. Però tale
distinzione è valida solo dalla – per forza di cose – limitata prospettiva
umana. Jîvâtmâ non potrebbe,
data la sua rilevanza, occupare altro che un posto centrale nell’individualità,
che nel corpo è occupata appunto dal cuore, tradizionalmente associato all’Intelligenza
– la Buddhi in termini indù – e non al sentimento come si pensa al giorno d’oggi.[2]
L’articolo prosegue sottolineando l’importanza del “senso inverso dell’analogia”
in quanto “nell’ordine
spirituale è l’interno a comprendere l’esterno, ed il centro a contenere tutte
le cose.”
Il rivolgimento necessario per cogliere la
realtà, al di là di ogni prospettiva illusoria, farà sì che “l’essere [che] non raggiungeva Âtmâ, altro che nei suoi rapporti con
l’individualità, cioè come jîvâtmâ,”
vedendolo perciò racchiuso nella propria individualità, una volta
raggiunto “Âtmâ direttamente ed in
se stesso” coglierà effettivamente che è Âtmâ a contenere in sé la totalità, compresa la
sua individualità. Aggiungiamo che gli stessi concetti di “dentro” e “fuori”
perdono di senso nella realizzazione metafisica.
A sostegno della
necessità del cambio di prospettiva Guénon porta come esempio la
rappresentazione dei cieli danteschi in cui “sembra a tutta prima che i cieli siano tanto più vasti, cioè
meno limitati, quanto più sono elevati e quindi anche più «esteriori», nel
senso che figurano più distanti dal centro, quest’ultimo essendo allora
costituito dal mondo terrestre; è questo il punto di vista dell’individualità
umana, rappresentato precisamente dalla terra, punto di vista che corrisponde
ad una verità relativa, la quale è tale nella misura in cui l’individualità è
reale nel suo ordine, e per il fatto che bisogna necessariamente partire da
quest’ultima per passare agli stati superiori.” A
rovesciamento o “raddrizzamento”[3]avvenuto
“il cielo più elevato ad essere nello
stesso tempo il più centrale, poiché in esso risiede il centro universale
stesso; e, per contro, il mondo terrestre viene in questo modo a situarsi
all’estrema periferia.”
La realizzazione spirituale non fa altro che
ristabilire l’ordine gerarchico che sempre sussiste immutabile, a prescindere
dal fatto che un essere, ancora racchiuso dal guscio della propria
individualità, non riesca a coglierlo.
Nella tradizione islamica l’avvenuto
raddrizzamento è sancito da questa frase attribuita “agli awliyâ: «I nostri
corpi sono i nostri spiriti, ed i nostri spiriti sono i nostri corpi» (ajsâmnâ arwâhnâ, wa arwâhnâ ajsâmnâ),
la quale, non solo indica che tutti gli elementi dell’essere sono completamente
unificati nella «Identità Suprema», ma anche che il «nascosto» è diventato
l’«apparente» e viceversa.” Già in Luca 12, 2-3: “2Non vi è niente
di nascosto che non debba essere scoperto, e nulla di segreto che non debba
essere conosciuto. 3Perciò, tutto quello che voi avrete detto nelle
tenebre, sarà udito nella luce, e quanto avrete sussurrato all’orecchio
nell’interno della casa, sarà predicato sopra i tetti.”
[1] Capitolo XXX di “Iniziazione e
realizzazione spirituale”.
[2] Cfr. “Cuore e cervello” c.LXX di “Simboli della Scienza Sacra”.
[3]
In
riferimento a Mc. 1,3 “Voce di colui che
grida nel deserto: Preparate le vie del Signore, fate retti i suoi sentieri”:
"Il serpente arrotolato intorno
all’“Uovo del Mondo”, e talvolta raffigurato attorno all’Omphalos e al betilo,
è, a tale riguardo, Kundalinî arrotolata intorno al “nocciolo d’immortalità”,
che è pure in rapporto con il simbolismo della “pietra nera”; a questa
posizione “inferiore” del luz, si fa direttamente allusione nella formula
ermetica: Visita inferiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem; la
“rettificazione” è qui il “raddrizzamento” che segna, dopo la “discesa”,
l’inizio di un movimento ascensionale, corrispondente al risveglio di Kundalinî; e il complemento della
medesima formula designa inoltre questa “pietra nascosta” come veram medicinam, il che la identifica
anche con l’amrita, cibo o
bevanda d’immortalità." (S.S.S. c.32 p.195 n.10)
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