Terre Gaste

 

 


Fie on’t! O fie! ‘tis an unweeded garden

That grows to seed; things rank and gross in nature

it merely.

È solo un giardino non sarchiato

che va in seme; e piante putrefatte e volgari

tutte lo posseggono.

       Atto 1 Sc. II    p. 56

  Questo brano è tratto da un giudizio espresso da Amleto nei riguardi del suo paese, ormai somigliante a quella che nei romanzi del Ciclo del Graal viene chiamata “Terre gaste”. Si tratta di una sorta di maledizione suscitata da un pesante turbamento dell’ordine quale un’ingiusta detronizzazione con conseguente salita al potere di un usurpatore.

   Nell’estratto seguente se ne fa menzione:

      « Madonna », rispose Parsifal, « mi pare, a sentire ciò che dite dei miei fratelli, che voi sappiate bene chi sono ».   « Lo so », ella rispose, « e devo ben saperlo poiché sono vostra zia e voi mio nipote. Non dubitate vedendomi in questo luogo così povero e sappiate che sono colei che una volta veniva chiamata la regina della Terra Desolata. Voi mi vedeste in altre condizioni, quando ero una delle dame più ricche del mondo. Eppure quella ricchezza non mi piacque mai tanto quanto la povertà in cui mi trovo adesso ».[1]  

    Qui si può intravedere il senso superiore della povertà, negativamente rappresentata dalla Terra Desolata. La contrapposizione è tra la celeberrima selva oscura, in cui si è preda, a meno di un intervento superiore, delle tendenze dispersive dell’essere, e il deserto in quanto luogo, in virtù dell’azione potente del sole, del riassorbimento della molteplicità nell’unità,[2] come espresso in questo brano:

     …il «monoteismo», dicevamo, ha dunque un carattere essenzialmente «solare». In nessun luogo esso è più «percepibile» che nel deserto, dove la diversità delle cose è ridotta al minimo, e dove, al tempo stesso, i miraggi fanno apparire tutto quel che ha di illusorio il mondo manifestato. Là, l’irradiazione del sole produce le cose e di volta in volta le distrugge; o piuttosto – poiché è inesatto dire che le distrugge – le trasforma e le riassorbe dopo averle manifestate. Non si potrebbe trovare un’immagine migliore dell’Unità che si dispiega esteriormente nella molteplicità senza cessare di essere se stessa e senza esserne modificata, e che poi riconduce a sé, sempre secondo le apparenze, quella molteplicità che, in effetti, dall’Unità non è mai uscita, poiché nulla può esservi al di fuori del Principio, nulla vi si può aggiungere e nulla sottrarre, essendo Quello l’indivisibile totalità dell’Esistenza unica.[3]

   La disgrazia si abbatte, nel caso del Re Pescatore o Re Vulnerato del ciclo arturiano, perché a causa delle sue mancanze il monarca subisce una menomazione che, data la sua posizione centrale, si riflette nella terra che dovrebbe governare.

   Si tratta dell’accezione negativa dell’“azione di presenza” che dovrebbe garantire il mantenimento dell’armonia nel paese governato da chi si mantiene in equilibrio nell’“Invariabile mezzo” come l’Imperatore cinese nel Ming-Tang.[4] Per raggiungere una condizione ottimale di armonia questa orazione veniva pronunciata alla fondazione della città di Lo-yang:

 

   Possa il Re giungere e assumersi la responsabilità per il lavoro del Signore Supremo (Shang Ti) e lui stesso servire [con queste funzioni al centro del paese. Io, Tan, dico che, dopo aver costruito questa grande città e da lì governando, egli sarà una immagine del Cielo sublime. Egli, attento, offrirò sacrifici al superiore e all’inferiore, e da lì governerà come il perno centrale.[5]

    C’è del marcio in Danimarca” dice il fido guardiano Marcello. Il motto latino “corruptio optimi pessima[6] si riferisce proprio ai danni derivanti dalla decadenza di ciò che aveva un grande valore, non solo materiale. Infatti le antiche sedi di centri spirituali, se non rivivificate da forme tradizionali valide[7], diventano ricettacolo di influenze sottili che possono essere indirizzate in modo malevolo. Oppure le stesse forze possono essere incautamente liberate da sprovveduti profanatori.

   Saturno, oggi visto nel suo aspetto malefico, simboleggiato dalla sua affinità con il piombo, materiale oscuro e tendente verso il basso, “corrisponde in effetti alla più elevata delle sfere planetarie, il “settimo cielo” o il Satya-Loka della tradizione indù”, e fu il reggente dell’Età dell’Oro, il Satya Yuga.[8]

    Infatti, da una prospettiva più elevata, “Non si deve […] considerare Saturno unicamente, e neppure in primo luogo, una potenza malefica, come sembra si tenda a fare talvolta, perché non bisogna dimenticare che egli è innanzi tutto il reggente dell’‘età dell’oro’, cioè del Satya-Yuga o della prima fase del Manvantara, che coincide precisamente con il periodo iperboreo, il che dimostra come non senza ragione Kronos sia identificato col dio degli iperborei. È verosimile del resto che l’aspetto malefico risulti qui dalla scomparsa stessa di tale mondo iperboreo; in virtù di un analogo ‘rivolgimento’ ogni ‘Terra degli dèi’, sede di un centro spirituale, diventa una ‘Terra dei Morti’ quando il centro è scomparso. [9]   

    Babilonia nell’Apocalisse è descritta appunto come vittima di una tale decadenza tanto da essere assimilata a una meretrice.

   18 Caduta di Babilonia: lamenti sulla Terra e gioia nei cieli.1E dopo queste cose, vidi scendere dal cielo un altro Angelo, con grande potenza, e la terra fu illuminata dal suo splendore. 2Egli gridò con voce potente: “È caduta, è caduta la grande Babilonia! È diventata la dimora dei demoni, il covo di ogni spirito impuro, il rifugio d'ogni uccello immondo e odioso, 3perché tutte le genti han bevuto il vino della sua frenetica lussuria e i re della terra hanno fornicato con lei, e i mercanti della terra si sono arricchiti per l’esorbitante suo lusso!”

   Dall’analisi linguistica risulta inoltre che: “… Altro nome degno di nota è quello di Babilonia: Bab-Ilu significa “porta del Cielo”, che è una delle qualifiche attribuite da Giacobbe a Luz; tale nome, d’altra parte, può avere anche il significato di “casa di Dio”, come Beith-El; diviene però sinonimo di “confusione” (Babel) allorché la tradizione è perduta: si verifica allora il rovesciamento del simbolo, e la Janua Inferni prende il posto della Janua Coeli.”[10]

   Da “Porta del Cielo” si passa a “Porta dell’Inferno” destinata a dare adito al Caput mortuum nella fase finale dell’Opera alchemica, con espulsione nelle “tenebre esteriori”.

   Franco Galletti porta l’esempio di Creta nella Divina Commedia, in cui il senso dell’andamento ciclico delle vicende umane è reso anche dalla statua del “Veglio”:[11]

     C’è anche un’altra corrispondenza con l’Eden: la montagna sacra di Creta, “che già fu lieta d’acqua e di fronde […] or è diserta come cosa vieta [vecchia e rovinata]”, essendo ormai l’isola intera “un paese guasto” (Purg., XXVIII, 139-141) È il tema simbolico della terre gaste o ‘terra desolata’ che tanta parte ha nelle leggende del Ciclo del Graal e che trova un corrispettivo in quello dell’Albero secco’ o Arbor arida, anch’esso attestato dalle leggende medievali nonché da Marco Polo (Polo Il Milione, XXIII, XXX, XL, CLXXVI e CCIII.) Si è visto che l’Albero dell’Eden dantesco, “pianta dispogliata di foglie e d’altra fronda in ciascun ramo” (Purg. XXXII, 38-39), è appunto un ‘Albero secco’. Esso è perciò inizialmente la stessa cosa della terre gaste di Creta, ma diversamente da questa rifiorisce quando il Grifone lo ricollega al suo carro. […] nella versione greco-romana della Tradizione rappresentata da Creta questa resta un luogo desolato, perché tale tradizione è estinta e non è dato risalire con essa alle origini mediante un processo iniziatico …[12]     

   Nel cammino inverso rispetto a quello ciclico, che dev’essere percorso da chi persegue la realizzazione spirituale, si passa da una landa sterile e orrifica … 

 

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura! (Inf. I, 5,6)

 al meraviglioso paesaggio del Paradiso Terrestre.

la divina foresta spessa e viva (Purg. XXVIII, 2)

    Dante, nel sesto esempio di superbia punita raffigurato sul pavimento del primo girone del Purgatorio, si riferisce a Saul, ucciso insieme ai tre figli sui monti di Gelboe, in Palestina.

O Saùl, come in su la propria spada

quivi parevi morto in Gelböe,

che poi non sentì pioggia né rugiada! (Pg. XII, 41)

   Sia la pioggia che la rugiada[13] sono simboli degli influssi celesti che, se negati, comportano l’aridità e la mancanza di frutti.

 Viriditas

    Antidoto all’Ariditas è la Viriditas, esaminata e valorizzata da Ildegarda di Bingen (1095 – 1179) proclamata nel 2012 dottore della Chiesa, le cui estese conoscenze in campo teologico, medico e musicale la rendono oggetto di studi approfonditi anche al giorno d’oggi[14].

   La viriditas - disperazione dei traduttori - , la “verdezza”, è nel cuore stesso dell’universo nello schema cosmico di Ildegarda […] Il mondo al culmine della primavera è pieno di viriditas, Dio ha dato il soffio della viriditas a tutti gli abitanti del Giardino dell’Eden, anche il più piccolo ramo del più insignificante degli alberi è animato dalla viriditas, il sole porta la vita della viriditas al mondo; e (nel regno spirituale) il prelato pieno [di debolezza] è carente in viriditas, il giardino dove crescono le virtù è imbevuto di viriditas, il neofita deve battersi per avere la viriditas, e la Santa Vergine è la viridissima virga …[15]

     Anche nell’Islam una terra desolata può ritornare fertile: “L’Imam Bukhari riporta nel Libro dei Profeti che il Profeta disse, "Al-Khidr[16] ('l’Uomo Verde') era così chiamato perché una volta sedeva su una terra arida e bianca, dopo ciò questa terra diventò di un verde lussureggiante di vegetazione.”[17]

    Così Isaia:

Si rallegrino il deserto e la terra arida,
esulti e fiorisca la steppa.
Come fiore di narciso 2fiorisca;
sì, canti con gioia e con giubilo.
Le è data la gloria del Libano,
lo splendore del Carmelo e di Saron.
Essi vedranno la gloria del Signore,
la magnificenza del nostro Dio.  (
Is 35, 1-2)

    Altri esempi biblici di ritorno alla fertilità sono le vicende di Sara[18], moglie di Abramo, in grado di partorire Isacco in età avanzata, e di Elisabetta, madre di Giovanni Battista nonostante l’iniziale incredulità del padre Zaccaria[19], scontata con un periodo di forzato silenzio.  

   La rispondenza tra l’interiorità dell’uomo e l’ambiente esterno è indicata con chiarezza e ineccepibile progressione da questa citazione di Confucio, che si riferisce a chi ha responsabilità di comando:

 

   Poiché abbiamo parlato di «mandato celeste», non ci sembra fuori luogo riferire come, secondo lo stesso Confucio, tale mandato dovesse essere adempiuto: «Per far risplendere le virtù naturali nel cuore di tutti gli uomini, gli antichi principi si adoperavano prima di tutto a ben governare ciascuno il proprio principato. Per ben governare il loro principato essi mettevano prima di tutto il buon ordine nelle loro famiglie. Per mettere il buon ordine nelle loro famiglie, lavoravano prima di tutto a perfezionare se stessi. Per perfezionare se stessi, disciplinavano prima di tutto i battiti del loro cuore. Per disciplinare i battiti del loro cuore, rendevano perfetta innanzi tutto la loro volontà. Per rendere perfetta la loro volontà, sviluppavano il più possibile le loro conoscenze. Le conoscenze si sviluppano penetrando la natura delle cose. Penetrata la natura delle cose, le conoscenze raggiungono il loro grado più elevato. Quando le conoscenze sono arrivate al loro grado più elevato, la volontà diventa perfetta. Perfetta la volontà, i battiti del cuore diventano regolari. Regolati ì battiti del cuore, l’uomo tutto è privo di difetti. Dopo aver corretto se stessi, si stabilisce l’ordine nella famiglia. Posto ordine nella famiglia, il principato è ben governato. Ben governato il principato, presto tutto l’impero fruisce della pace». n.1 Ta-hio, parte I. [20]

 

Medice, cura te ipsum!

  

BIBLIOGRAFIA

·        Ciampi E., William Shakespeare Pescatore di uomini, Intento, Roma 2014.

·        Eliade M., L’isola di Euthanasius, Bollati Boringhieri, Torino 2000.

·        D’Anna N., Il Santo Graal – Mito e realtà,  Archè – PiZeta, San Donato 2009.

·        Polia M., Il Mistero Imperiale del Graal, Il Cerchio, Rimini 2007.

·      Granet M., La pensée chinoise, Albin Michel, Paris 1969; trad. it. Il pensiero cinese, Adelphi, Milano 1971.

·        La Cola F., San Giorgio – Il cavaliere universale, Irfan, San Demetrio Corone 2018.

·        Salvadori S., Hildegard Von Bingen – Nel cuore di Dio, Skira, Milano 2021.

SITOGRAFIA

·        https://arka-traditioperennis.blogspot.com/2013/10/sul-simbolismo-graalico-della-terre.html?view=classic

 

Il brano sarà pubblicato sul secondo volume degli Atti dell’Accademia della Pigna, Sanremo.

 Sergio Castellino



[1] A. Rosso Cattabiani (traduttrice), La Cerca del Santo Graal, Milano 1974, p.69.

[2]  Più il sole dà, più il cielo pare alto e sorprendente e l’orizzonte vasto e prfondo: mentre ciò che si trova nelle immediate vicinanze diventa neutro e ristretto.” Abdul-Hâdi, Pagine dedicate al Sole, in Rivista di Studi Tradizionali, Torino, n. 14 Gennaio-Marzo 1965, p. 27.

[3] R. Guénon, Aperçus sur l’Ésotérisme islamique et le Taoïsme, Gallimard, Paris 1973: trad. it. Scritti sull’esoterismo islamico e il Taoismo, Adelphi, Milano 1993, p. 43.

[4] Id., La Grande Triade, Gallimard, Paris 1957; trad. it. La Grande Triade, Adelphi, Milano 1980, p. 123.

[5] Wen-Wang yu sheng, p. 430 in A. Snodgrass, Architettura, Tempo, Eternità, Bruno Mondadori, Milano 2004, p. 311.

[6] R. Guénon, Le Regne de la Quantité et les signes des temps, Paris 1945; trad. it. Il Regno della Quantità e i segni dei tempi, Adelphi, Milano 2009, p. 185.

[7] Si pensi al “riutilizzo” e di luoghi e di materiali nei secoli di espansione del Cristianesimo.

[8] Id., Symboles de la Science sacrée, Paris 1962; trad. it. Simboli della Scienza sacra, Adelphi, Milano 1997, p. 137.

[9] Id., Symboles cit., p. 170.

[10] Id., Le Roi du Monde, Gallimard, Paris 1958; trad. it. Il Re del Mondo, Adelphi, Milano p. 103 in nota.

[11] F. Galletti, La bella veste della Verità, Mimesis, Milano 2020, p. 294.

[12] Sul simbolismo del Veglio di Creta e i fiumi che ne scaturiscono v. G. Marano, Dante e il poema dell’acqua, Agorà & Co., Sarzana-Lugano 2021, pp. 12 ss..

[13] «Dio ti conceda rugiada del cielo e terre grasse e abbondanza di frumento e di mosto» (Gn 27, 28) e 2Sam 1, 21-22.

[15]  A. H. King-Lenzmeier, Ildegarda di Bingen - La vita e l’opera, Gribaudi, Milano 2004, p. 33.

[16] El-Khidr è la designazione data dall’esoterismo islamico al personaggio anonimo menzionato dal Corano nella sura XVIII (sura della Caverna) e con il quale Mosé, che pure viene considerato dall’Islâm come inviato legiferante e «Polo» della sua epoca, appare in rapporto di subordinazione. Tale subordinazione sembra sia tanto d’ordine gerarchico quanto conoscitivo, poiché il personaggio misterioso è presentato come detentore della scienza più trascendente (letteralmente: «la scienza che viene da Noi», cioè Allâh), e Mosé domanda al suddetto personaggio soltanto di insegnargli una «porzione» dell’insegnamento di cui è detentore. [Nota di Jean Reyor] R. Guénon, Initiation et réalisation spirituelle, Èditions Traditionnelles, Paris 1952; trad. it. Iniziazione e realizzazione spirituale, Edizioni Studi Tradizionali, Torino 1967, p. 286.

[17] https://www.sufi.it/sufismo/maestri/al-Khidr.asp

V. inoltre A. K. Coomaraswamy, Khwâjâ Khadir e la fontana della vita, Rivista di studi Tradizionali, n. 20-21, Torino 1966, p. 133.

[18] Gn. 17, 19 e 21, 3.

[19] Lc. 1, 13 ss..

[20] R. Guénon, Autorité Spirituelle et Pouvoir Temporel, éd. Guy Trédaniel, Éditions Véga, Paris 1964;  trad. it.  Autorità spirituale e potere temporale, Luni, Milano 1995, p. 40.

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